Il calo di produttività legato a motivi salute non giustifica il licenziamento se sono possibili gli “accomodamenti ragionevoli”.

La Cassazione, con sentenza del 13 novembre 2023, n. 31471, ha stabilito che il licenziamento del lavoratore conseguente ad un calo della produttività dovuto ad un deterioramento delle condizioni di salute non è sempre giustificato, quand’anche la conservazione del rapporto di lavoro comporti costi aggiuntivi per il datore di lavoro.

Infatti, la Corte ha statuito che se vi è la possibilità di adottare accomodamenti ragionevoli (che possono consistere anche nell’adibizione del lavoratore a diverse mansioni, pure inferiori), che non comportino un sacrificio economico sproporzionato del datore di lavoro, il lavoratore non può essere legittimamente licenziato.

Il caso di specie, trattato dalla Cassazione su ricorso del datore di lavoro, a seguito della sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva dichiarato ingiustificato il licenziamento, riguardava un collaudatore di piatti doccia, al quale il medico competente aveva riconosciuto l’idoneità al lavoro con prescrizioni, licenziato per sopravvenuta inidoneità fisica e un calo della produttività (all’incirca del 40%).

La Corte d’appello rilevava come le misure indicate dal medico competente – l’effettuazione di un maggior numero di pause e l’uso della mascherina respiratoria per le operazioni comportanti maggiore dispersione di polveri – rientravano nella categoria degli “accomodamenti ragionevoli”, nel senso di tecnicamente possibili e non eccessivamente costosi, che, secondo la normativa nazionale ed eurounitaria di protezione dei lavoratori in condizione di handicap, il datore di lavoro è tenuto ad adottare al fine di consentire al dipendente divenuto disabile di continuare a svolgere le proprie mansioni.

Avv. Federico Santaniello

01-12-2023